Alba grigia

 

           

 

L'instabilità climatica è tale che non è possibile fare previsioni corrette nemmeno per un ridotto arco di tempo, ma il leggero nevischio che ondeggia nell'aria di questa grigia e fredda mattina di marzo non lascia adito a nessun tipo di speranza.

La mia classica escursione mattiniera in attesa del generale risveglio non trova miglior sfogo del fotografare l'agriturismo appena svegliatosi e gli immediati dintorni.

Poco stimolante saltare in sella dato il contesto meteorologico.

Comunque motivati, dopo una buona colazione, ci mettiamo in marcia per raggiungere la meta che funziona da stimolo principale per questo atipico raduno motociclistico, la città dell'Aquila che raggiungeremo sotto una fastidiosa pioggerella subito sostituitasi alla neve che leggera cadeva in prima mattinata su una sonnolenta Amatrice.

 

       

 

 

Valico di Santa Lucia 1015 mt

 

Il compito di portarci fino all'Aquila viene affidato alla statale 260 che si avvita su se stessa culminando sul passo di s. Lucia per poi ridiscendere verso il basso, in una sinuosità a tratti divertente se non fosse per la pioggia ed il freddo che rendono la guida assolutamente prudente; senza particolari emozioni se non quelle legate al bianco conteso che ci circonda e alla umida sicurezza della pioggia raggiungiamo la nostra meta.

 

L'AQUILA 2011

 

Le strade di accesso

 

           

 

La nostra principale volontà in questa visita è quella di osservare direttamente ciò che veramente è successo a questa bellissima cittadina in quel mattino del 6 APRILE 2009 e cosa in questi due anni è stato fatto per tentare di riportarla ai precedenti fasti, senza i penalizzanti filtri di una informazione mediatica irrimediabilmente quanto inequivocabilmente faziosa qualunque sia la sua affinità al panorama politico Italiano, nel chiaro intento di ottenere dei dati reali che poi, ognuno di noi analizzerà al meglio per trarne le soggettive conclusioni.

 

 

Emiciclo - Regione Abruzzo

 

       

 

       

 

Non serve molto tempo per inziare ad osservare i primi segni di qunto è avvenuto, le cicatrici visibili sulle case nella periferia della città sono assolutamente esemplificative,  così come sono visibili i segni di un timido tentaivo di ricostruzione e una relativa vitalità che sdrammatizza il contesto, nulla a che vedere con quanto ci attende.

I segni della devastazione diventano semrpe più evidenti con l'avvicianrsi al centro storico così come contemporaneamnete si riducono le presenze umane, la gigia giornata che continua a bagnarci con una inesaribile pioggia non contribuisce certo a sdrammatizzare il contesto che ci si presenta agli occhi una volta scesi dalle nostre moto nei pressi del palazzo della Regione e avventurati tra i banchini ordinatamente disposti in un piazzale umido e deserto a testimonianza della volontàdi andare avanti ma anche della avversità della situazione.

Un veloce caffè e ci incamminiamo decisi verso qul centro storico che due anni fa amorevolmente ci accolse ignaro del suo prossimo drammatico destino.

 

       

 

Ingresso al centro storico

 

           

 

Adesso lo scenario è inequivocabilmente davanti ai nostri occhi, in una atmosfera assolutamente inimmaginabile prima di immergervisi percorriamo il tratto di strada che ci separa dall'ingresso in Piazza del Duomo, il silenzio che sussurra il dramma aleggia tra le deserte vie, i palazzi lesionati e le finestre mute e tristemente puntellate, le transenne limitano il passaggio nelle zone ancora pericolanti e ingombre di detriti, la locandina del cinema pubblicizza un film uscito nell'aprile 2009....l'attimo del disastro dolorosamente congelato a perenne ricordo, a solenne monito della nostra precaria condizione, l'istantanea trasformazione della felicità in dolore, del sorriso in pianto.

 

       

       

 

Hotel Duomo

Ma lo strappo definitivo tra la irrealtà che nelle nostre ancor solide case volevamo immaginare e quella che invece qui realmente si presenta, accade nello stretto passaggio che precede la Piazza principale presidiato dai militari a bordo di una jeep, un passaggio buio e completamente ingombro dalle impalcature di contenimento che pare una porta verso un altra dimensione, una dimensione del dolore e dell'abbandono che ci colpisce come uno schiaffo non appena al di là del passaggio, solo in infinitesima parte lenita dalla egoistica osservazione dell'albergo che ci accolse poche settimane prima del terremoto che nonostante le lesioni visibili avrebbe , almeno apparentemente protetto le nostre vite .

 

Piazza Duomo

 

 

La piazza del Duomo  fradicia di una insensibile pioggia che non promette tregua appare completamente deserta al nostro ingresso, ingombra delle tende e delle strutture di primo aiuto alla popolazione ora apparentemente abbandonata si offre profondamente ferita ai nostri occhi.

I segni del terremoto sono visibili su tutte le architetture che la cingono sottolineati della transenne e dalle impalcature di contenimento, ma è la immobilità del contesto in questo sabato di Marzo quello che drammatizza in modo sostanziale l'osservazione: la piazza principale, quella che rappresenta l'anima stessa di una città è deserta, abbandonata dai suoi stessi cittadini in quanto non più agibile potrebbe

non accogliere più una anima, e quando l'anima scompare non può che lasciare posto ad una unica orribile condizione. Il soffio vitale che la pervadeva sembra essere spirato irrimediabilmente via.

 

Piazza Duomo 360°

 

Probabilmente drammatizzo eccessivamente la situazione ma ho sempre considerato importante il "possesso" da parte di una cittadinanza della propria piazza principale, la dove le radici culturali di una popolazione sono maggiormente radicate e dove in maniera migliore si scambiano le idee e le informazioni tra le genti del posto ma anche tra i viaggiatori che vi sostano.

Fa male osservarne una deserta e in abbandono come mai avevo osservato , una come quella di L'Aquila che avevamo anche avuto modo di vedere in piena attività e percorsa da gente felice e spensierata la sera e dal vocio inconfondibile del mercato la mattina successiva, fa male sentire il silenzio che grida il suo dolore e una piazza che chiama a se le sue genti impossibilitate a raggiungerla e a viverla nuovamente.

 

 

Chiesa di Santa Maria del Suffragio

 

               

 

La chiesa di santa Maria del Suffragio è sicuramente da considerare il simbolo del terremoto di l'Aquila, sopratutto mediaticamente dato che più volte le sue profonde lesioni sono state mostrate dai mezzi di informazione come drammatica sintesi del drammatico evento, non ancora restaurata mostra solo in parte, al suo interno, le reali condizioni.

Una inespressiva ma significativa parete di cartongesso riduce sostanzialmente la sua estensione ed impedisce la visibilità alla parte più disastrata della basilica.

La cattedrale situata sul lato a sinistra della piazza non è invece in nessun modo visitabile dato il cantiere presente che impedisce anche il passaggio nella sua prossimità.

 

 

La Cattedrale

 

       

 

 

       

 

       

 

Ci aggiriamo per le strade deserte osservando in silenzio quanto ci circonda, non è il momento di giudicare, è il momento di guardare e di comprendere portata e conseguenze del disastro, di camminare per le poche strade agibili strade ma deserte, percorse solo da noi e dalle pattuglie delle forze dell'ordine impegnate nel pattugliamento della zona, strade dove pochissimi negozi hanno potuto riprendere la propria attività e che tutti sembrano avere abbandonato.

 

      

 

La gelida pioggia che si alterna con sporadici fiocchi di neve continua a cadere mentre ci soffermiamo davanti ad una transenna dove gli Aquilani hanno appeso le loro emozioni ed i loro pensieri nei giorni successivi al sisma.

 

           

       

       

   

       

       

               

       

Il nostro vagare per le strade del centro obbligato dalle ciniche transenne che impediscono il passaggio per le strade non ancora (non ancora?) messe in sicurezza (e del quale lasciamo compito descrittivo alle tante immagini purtroppo penalizzate dalle estreme condizioni meteo) porta fino alla piazza che introduce al viale di accesso alla fortezza Spagnola.

Una piazza che denota una minima attività umana e dove si ritrova uno dei pochi elementi di continuità con quella quasi irreale serata di due anni fa che ci vide qui protagonisti,  i cani randagi che abbaiano alle auto in transito e che riconoscendoci come stranieri ci scorteranno per tutto il resto della visita alternando la nostra protezione alla caccia di tutte le auto che passano tranne, con quasi umana intelligenza, quelle delle forze dell'ordine.

 

La Fortezza Spagnola

 

 

Sotto una pioggia ancora più insistente ora che camminiamo assolutamente allo scoperto nel parco che attornia la Fortezza ci culliamo per pochi istanti nella certezza della inespugnabilità della antica rocca anche di fronte al terremoto, confortante certezza che si scioglie come neve ad un sole che oggi pare solo un miraggio quando arriviamo di fronte alla facciata principale del Castello.

 

       

 

       

 

I detriti che ricoprono il fondale del fossato e le profonde ferite visibili sulle guglie non lasciano adito a dubbi, cancellando comode illusioni  e sbattendoci ancora una volta in faccia la realtà: nemmeno la possente struttura ha potuto sopportare la distruttiva forza della natura e superare indenne l'aspro confronto.

 

 

       

 

       

 

Tristemente attoniti e solo in parte confortati dalla minima attività di ricostruzione che solo qui sembra presente terminiamo il nostro giro intorno alla fortezza e riprendiamo il nostro viaggio per le vie del centro e osservando le devastazioni che non hanno risparmiato ne le abitazioni ne le storiche quanto antiche architetture di Chiese, Palazzi e Porte di ingresso, su poche di loro i segni di un recupero in atto sottolineato dalla presenza di impalcature e dalla identificazione dell'ente donatore dei capitali necessari.

 

           

 

La basilica di San Bernardino

 

       

 

           

 

 

Decidiamo di pranzare con soddisfazione in uno dei pochissimi locali del centro aperti, piccolo e forse poco significativo contributo alla rinascita di questa città e di questo centro storico ma che se fosse seguito da un sempre più maggiore numero di turisti presenti a L'Aquila forse potrebbe risultare più stimolante di tanti versamenti a distanza, una speranza quella del recupero turistico di questa città che spero di poter aiutare a concretizzare con queste mie parole e con questo mio report: se volete aiutare L'Aquila visitatela!

 

Ristorante PERCORSI DI GUSTO 0862 411429

 www.percorsidigusto.com

 

       

 

Terminato piacevolmente il pranzo, degustando una cucina del territorio sapientemente elaborata, in un locale dove siamo gli unici avventori e che ci ha permesso di toglierci un po' di umidità di dosso e dove si respira la voglia di tornare a vivere in questo devastato e deserto centro storico, riprendiamo il nostro cammino dirigendoci verso il luogo dove abbiamo parcheggiato le nostre moto, restano almeno un paio di luoghi da visitare prima di lasciare la città, la Basilica di Collemaggio e la Fontana delle 99 Cannelle le raggiungeremo in sella ai nostri mezzi.

 

 

           

 

In quella luminosa mattina di due anni fa osservando la facciata della Basilica adombrata dalle impalcature necessarie al suo restauro dichiarai di voler tornare una volta terminato lo stesso per ammirare la Basilica in tutto il suo originario splendore, fa tristemente sorridere il poterla osservare adesso senza impalcature consapevole delle devastazioni che al suo interno sono avventure e davanti ad un fangoso piazzale probabilmente adattato a deposito macerie neanche lontanamente parente del verde giardino un tempo prospiciente.

 

Santa Maria di Collemaggio

 

       

 

       

 

 

L'interno solo in parte recuperato porta inequivocabili segni della tragedia, la basilica alla sua metà è come spezzata in due, i due tronconi non più raccordati si osservano divisi sotto il cielo che traspare dalla copertura trasparente posta a protezione in luogo di quella crollata a seguito del terremoto.

 

 

       

 

       

 

 

               

 

Conforta nell'angoscia della osservazione l'attività che al suo interno si nota e che prepara probabilmente un evento musicale di prossima realizzazione, un piccolo inequivocabile segnale della volontà di tornare a vivere e a sperare nel futuro. Il cielo implacabile non smette nemmeno per un istante di elargire il suo umido carico, di nuovo in sella raggiungiamo la prossima meta.

 

       

 

 

           

 

La piazza che ospita uno dei simboli più suggestivi di L'Aquila è probabilmente quella che mi ha più colpito durante questa educativa escursione Aquilana, il contrasto decisamente visibile tra il perfetto restauro della fontana e la drammaticità del contesto circostante con le case e la chiesa distrutte dal sisma e mai ricostruite, quasi congelate in quel tragico istante che immediatamente segui la interminabile scossa, creano un profondo senso di angoscia all'interno del quale si agita un impalpabile senso di speranza.

La fontana storicamente simboleggia la nascita della città dell'Aquila come unione tra i 99 comuni della zona, la speranza è che ancora una volta la città rinasca da qui e che il suo restauro sia un primo passo per un recupero sostanziale delle strutture ma anche e sopratutto dell'anima di questa città. Un recupero del quale però non si notano tracce incoraggianti.

 

99 Cannelle

 

   

 

       

 

 

       

 

                   

 

 

 

     

 

           

 

Senza tregua dalla pioggia che mai ha smesso di cadere oggi, terminiamo il nostro viaggio in questa martoriata città dell'Abruzzo, un viaggio che ci ha permesso di verificare di persona cosa effettivamente sia successo qui e cosa sia stato fatto dopo il sisma, di respirare la vera atmosfera della città senza le inaccettabili filtrazioni e manipolazioni dell'informazione mediatica troppo impegnata a stupire e a servire per ricordarsi il suo vero compito, quello di informare.

Noi ci siamo informati, adesso abbiamo elementi da elaborare per capire e farsi una opinione, su quello che è successo e su cosa è stato e non è stato fatto, oltre a che a provare a stimolare, nel nostro piccolo, la ripresa delle attività in un centro storico di L'Aquila apparentemente morto ma dove invece si agitano piccoli focolai di irrefrenabile vitalità, adesso siamo più coscienti dei fatti ma anche più coscienti della nostra forza e del nostro potenziale, perché sedersi davanti ad una televisione non è assolutamente il modo migliore per conoscere e capire e di conseguenza crescere culturalmente e criticamente, così come inviare un SMS non è forse il modo migliore per aiutare.

Per capire ed aiutare occorre essere presenti, anche per pochi brevi momenti, momenti che però assumono una importanza ed una consistenza inimmaginabile a chi non li prova sul campo, una delle poche situazioni in cui la frase "io c'ero" assuma validità positiva invece che di vanitosa apparenza, viaggiare significa imparare, significa capire, significa crescere lungo un percorso che non può e non deve comprendere sul suo tragitto solo il bello e l'artificioso ma anche e sopratutto la realtà bella o brutta che sia. 

Io c'ero e ho visto, io c'ero e ho capito. Anche se questo conferisce una grande responsabilità, la responsabilità di chi sa e non può più fare finta di nulla.

 

Le foto di L'AQUILA 2011 sono visibili anche in album fotografico in versione B/N

 

AMITERNUM

 

 

       

 

E non si può fare più finta di nulla di fronte alla distruzione progressiva del nostro patrimonio storico lasciato a se stesso e ad una degradante deriva da una gestione a dir poco incomprensibile che taglia i fondi e lascia marcire la più importante risorsa del nostro paese, un degrado che non ha solo colpe politiche ma anche generali, visto che nessuno sdegno popolare si leva a difesa di patrimonio e posti di lavoro. Quelli veri.

Amiternum suggestivo teatro Romano posto a pochi chilometri da L'Aquila, segue il triste destino di tante testimonianze storiche, chiuso e non visitabile mostra un cartello di restauri in corso i cui lavori saranno terminati nel 2008........ oggi 5 marzo 2011 il Teatro è ancora chiuso.

 

       

 

       

 

       

 

       

 

 

Passo delle Capannelle

 

       

 

Una indiscutibile logica ci imporrebbe di ritornare verso amatrice percorrendo strade sicure dal punto di vista della percorribilità motociclistica viste le condizioni meteo, sopratutto evitando risalite verso rilievi potenzialmente innevati o comunque sottoposti a precipitazioni nevose.

Una logica poco logica invece quella nostra che ci porta a percorrere per il rientro il passo delle Capannelle situato a 1300 metri e potenzialmente interessato dalle precipitazioni nevose, il tempo è comunque  a nostro favore, se le condizioni di percorribilità non saranno buone torneremo sui nostri passi rientrando all'agriturismo via Salaria.

La strada si rivela assolutamente percorribile oltre che suggestiva dal punto di vista paesaggistico, stupiti i volti dei pochi avventori a quattro ruote che percorrono la via, le temperature intanto si mantengono su valori incoraggianti sopratutto relativamente all'umidità presente sull'asfalto impossibilitata ad un pericoloso congelamento.

 

           

 

 

           

 

       

 

Lago di Campotosto

 

       

 

 

       

 

           

 

Ormai forti delle nostre convinzioni procediamo decisi verso il lago di Campotosto e la omonima cittadina punto di passaggio per il raggiungimento della nostra meta finale, osservando profondamente ammirati il lago vestito di candidi e glaciali colori invernali.

Le condizioni della strada purtroppo peggiorano progressivamente avvicinandosi a Campotosto, (località situata nel posto peggiore, climaticamente parlando, della zona dato che mai siamo riusciti a superarla nei vari passati tentativi a causa della neve) fino ad obbligarci ad una sosta riflessiva quando diventa davvero difficile proseguire.

Una riflessione che si tramuta in concreta decisione stimolata dal labiale e dai gesti inequivocabili del conduttore dello spazzaneve che proviene dalla direzione di Campotosto: "ma dove cazzo andate?? tornate indietro!!!" è un consiglio che in questo frangente è impossibile ignorare!!!

 

       

 

       

 

Torniamo sui nostri passi seguendo il perimetro del lago e riguadagnando l'asfalto pulito, indietro fino al bivio che tramite un ponte conduce alla località di Mascioni e, se la strada lo permette, fino a Poggio Cancelli da dove sicuri della percorribilità della strada (percorsa ieri) raggiungeremo Amatrice ed il nostro agriturismo.

Se ciò non fosse possibile dovremo tornare indietro fino a L'Aquila e imboccare la Salaria, una prospettiva poco piacevole a quest'ora del pomeriggio, una prospettiva che sembra sempre più concreta visto che la strada si inerpica verso un passo non proprio così basso.......

Superiamo un breve tratto di strada ricoperto di neve per poi arrestarci di fronte ad una lunga striscia bianca che scompare in discesa dietro una curva, mancano due chilometri a Poggio Cancelli, tornare indietro adesso sarebbe veramente una beffa.

 

Valico di PRATO DELL'ABATE  1475 mt

 

Mi avvio a piedi fino dopo la curva dove la strada torna pulita, poi come per miracolo appare l'unica auto incontrata in tutto il pomeriggio ( e in tutto il resto della serata) e il suo autista mi conferma che non ci sono altri tratti innevati; trattenendo il fiato con le dita della mano destra lontano dal freno e i piedi in terra superiamo con esasperante lentezza il pericolo, ma è fatta, ancora una intensa emozione che si libera quasi con un grido di soddisfazione e siamo già sotto il rifocillante caldo getto della doccia.

 

 

Gustando una succulenta cena, dopo avere ricevuto i complimenti della gestrice e degli altri avventori,  decidiamo l'itinerario per la giornata di domani, rimandando ad altra data l'esplorazione delle pendici del Gran Sasso ed il preventivato pernottamento a Scanno, decidiamo di affrontare l'esplorazione dei Monti Reatini per poi visitare Rieti ed i suoi dintorni, fino a raggiungere il lago del Turano dove, molto probabilmente pernotteremo.

Forti ma decisamente provati dalle nuove esperienze crolliamo esausti nei nostri letti, non prima di avere incastrato nei radiatori l'abbigliamento motociclistico messo a dura prova dalla pioggia e dalla intensa umidità