Splende il sole su questa domenica di maggio, un evento quantomeno raro negli ultimi tempi dato che sistematicamente i giorni festivi presentano condizioni climatiche tendenzialmente ostili al mototurismo; evento anche limitato nel tempo visto che, come da copione, si prevede un netto peggioramento delle condizioni atmosferiche ad iniziare già dal primo pomeriggio. Ma tutto ciò ha importanza relativa mentre mi godo le luci del mattino che creano suggestive atmosfere sulle ondulazioni che dal Chianti sfumano verso le Crete dirigendomi alla volta di Siena dove mi attende Fabio in sella alla sua Fazer per dare ufficialmente inizio al viaggio odierno. Un viaggio come nostro solito programmato solo in linea di massima al quale saranno applicate deviazioni improvvisate sul momento frutto dell'istinto o della voglia di seguire una strada piuttosto che un altra, un viaggio che subito presenta due opzioni possibili per raggiungere quella maremma a cavallo tra Toscana e Lazio teatro della odierna escursione: la lenta tortuosità della Cassia ha subito la meglio sulla veloce statale che collega Siena a Grosseto e mentre il sole risale la volta celeste guadagniamo relativamente veloci la bella città della Valdorcia universalmente riconosciuta come sinonimo del buon vino: Montalcino. |
Da li, superato il valico del Lume Spento inizia il percorso che, pochi chilometri dopo, si snoda in terra di Maremma dondolandosi per dolci colline ingentilite dai colori di questa giovane primavera; un percorso improvvisato chilometro dopo chilometro che da medievali borghi assisi sui colli ci porta ad assaporare una Maremma per certi versi ancora vera su strade che improvvisamente affrontano inaspettati ma graditi guadi.
I colori della natura esplodono sgargianti davanti alle nostre ruote, solo in parte penalizzati dalle prime avvisaglie di quel peggioramento meteorologico previsto per il tardo pomeriggio ma in netto quanto prevedibile anticipo; scortati dal giallo accecante dei campi in fiore superiamo il confine che separa la parte Toscana della Maremma da quella laziale raggiungendo quella meta identificata come prima sosta della giornata.
Siamo nelle immediate vicinanze della vasta area archeologica di Vulci, qui dove il fiume Fiora ha scavato nei millenni una profonda ferita sulla superficie della terra l'ingegno umano ha eretto, molti secoli fa, una ardita opera di ingegneria per superare quello che oggi sembra solo un inoffensivo rigagnolo ma che all'epoca pare risultasse addirittura navigabile.
In parte misteriosa la paternità della costruzione (e come poteva essere altrimenti) sembra poter essere attribuibile alla mano Etrusca la sezione ancora visibile della prime fondamenta del ponte a riprova di una modificazione Romana avvenuta su di una architettura già esistente; il suggestivo castello difeso da un fossato e dotato di due ingressi, uno probabilmente dotato di ponte levatoio, fu invece posto a sorveglianza del ponte fin dal medioevo.
Un passaggio quello sul fiume Fiora risultato di notevole importanza fino a qualche secolo fa come dimostrano i segni lasciati su di esso dal passaggio continuato di carri.
All'interno del castello è allestito un piccolo ma molto interessante museo dentro al quale si possono osservare alcuni dei manufatti ritrovati nella adiacente area archeologica di Vulci, lo spazio oltre a dare una concreta informazione al visitatore sulle capacità artistiche dei nostri lontani progenitori permette anche di rendersi conto, almeno in parte, della straordinaria quantità di reperti archeologici normalmente disponibile nel nostro paese.
Nonostante infatti le incursioni dei tombaroli protrattesi per secoli e le attività ben più attuali dei trafficanti risulta in nostro possesso una tale disponibiltà di risorse grazie alla quale è possibile allestire piccoli ma interessanti musei come questo in buona parte del territorio (in questo caso passato sotto il dominio Etrusco) il cui accesso è garantito dietro pagamento di un biglietto spesso ridicolo.
Un introito economico che, data l'esigua presenza di turisti, non pare certo in grado di mantere i custodi presenti, figuriamoci di ripagare la struttura ed il suo mantenimento o addirittura di garantire il benchè minimo guadagno....
La sosta a Montalto di Castro si può definire tecnica, nonostante l'ora tarda una piccola trattoria subito fuori le mura accetta di rifocillare le nostre affamate membra, dopo la mattiniera partenza e la culturale sosta adesso tocca alla carne essere soddisfatta, dei tagliolini alle vongole e i gamberoni in padella serviti resta poco dopo solo il ricordo.
Il programma di massima stilato prima della partenza prevedeva ben altra estensione relativamente alla escursione, ma come spesso accade ciò che è previsto viene pesantemente modificato in funzione delle esigenze che di momento in momento si manifestano nei presenti.
Meglio quindi soddisfare le immediate volontà che ricorrere chimere chilometriche in grado di lasciare più tardi solo dell'amaro in bocca per quello che avremmo potuto fare e non abbiamo fatto... per questo fondamentale motivo dopo avere con soddisfazione passeggiato per le vie di Tarquinia decidiamo di dedicare l' ultima parte della giornata alla visita della necropoli situata nei pressi della città.
Un luogo straordinario quello della necropoli che pur avendo già visitato più volte non manca mai di rinnovare infinite emozioni, soprattutto in funzione di quella rotazione di aperture di visita necessaria alla conservazione dei delicati affreschi che fa si che non siano sempre le stesse tombe ad essere visibili.
Affrontiamo la Cassia in direzione nord mentre le ombre del tramonto si allungano sempre di più sulle colline circostanti e la temperatura cala sensibilmente senza però risultare mai fastidiosa; arriveremo a casa sotto un cielo profondamente nero nel quale non si nota traccia di nessuna stella in compagnia di una estrema soddisfazione e con una piccola goccia in più di vasto oceano culturale che continuamente cerchiamo di incrementare.
Ancor più consapevoli di ciò che siamo perchè coscienti di ciò che eravamo.