IL BORRO - Il silenzio della notte


Più volte negli ultimi anni ho percorso queste silenti vie, poche volte sotto i
raggi splendenti del sole, spesso invece guidato dal bianco chiarore di una
splendida luna o sotto la debole luminescenza di fitte stelle ricamanti la volta
celeste e anche stavolta mi trovo a vagare curioso e rilassato per le strette
strade di questo vecchio borgo, solo, analizzando il motivo per il quale le mie
sensazioni in questo luogo trovano maggior conforto immerse nelle ombre della
notte che al cospetto dei caldi e luminosi effetti della reazione nucleare che
da sempre avviene sulla stella chiamata Sole.
La risposta alle mie domande di per se semplice e ben evidente e’ celata da una
maschera, la stessa maschera che questo antico borgo medievale indossa per i
turisti da quando ha cessato di svolgere il compito originale ed e’ stata
trasformata in residenza nobile prima e residence turistico dopo, da quando un
professionale restauro ha riportato le antiche mura al presunto splendore che
dovevano avere al culmine della loro esistenza, ovvero allo splendore che il
turista che arriva in questi luoghi si aspetta che debba avere.


Al calare della sera e con l’avvento delle prime ombre della notte il borgo
smette la sua maschera, soprattutto in quei mesi invernali durante i quali
nessun passo umano risuona a turbarne il silenzio, il cerone applicato sulle
secolari rughe sembra divenire trasparente con il cessare dell’incidenza della
luce del giorno, e tutto sembra poter tornare ad essere ciò che veramente e’
stato.
E’ nel totale silenzio e assoluta solitudine che il borgo diventa
loquace,dovrebbe raccontare di re, di nobili, di battaglie tra
Cavalieri in armatura, di gesta eroiche, di un passato fantastico quanto
esaltante, ma non e’ cosi’, le vecchie mura sussurrano di vite difficili, di
stenti, di fatica, di sudore, di esistenze trascorse piegati nei campi o vissute
con gli animali al pascolo, o al lavoro incessante in una povera bottega
artigiana, di strade maleodoranti e viscide, di facciate screpolate, solai
cadenti e tegole malmesse, di donne al lavoro in povere cucine nel tentativo di
ricavare poco dal nulla e giocosi bambini le cui voci squillanti invadono
argentine le tortuose vie ancora inconsapevoli della loro condizione, le mura
non mentono, nulla sanno della romanzata distorsione storica, nulla sanno della
nostra illusione di blasonate discendenze.

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Nell’immobilità del silenzio, nel gioco delle ombre che
sbeffeggiano la debole luce, improvvisa appare una sagoma bianca che
tranquilla mi osserva, per poi avvicinarsi senza timore come se avesse
compreso la mia natura inoffensiva nel breve attimo di osservazione,
l’agile felino il cui candore sguscia tra le ombre mi guiderà per la
seconda parte della mia escursione precedendomi negli spostamenti e
sorvegliando guardingo i dintorni durante la pause fotografiche, la sua
presenza in qualche modo mi e’ di conforto in questo paesaggio immoto e
assolutamente deserto, il suo attento ascoltare ogni più piccolo rumore
sembra sopire anche la più remota ancestrale paura dell’uomo della
solitudine e del buio.
Conosce bene il suo borgo come sembra conoscere molto di più, dotato di quella
aura mistica che intere popolazioni hanno riconosciuto in lui nei millenni
passati, conosce il passato ed il presente e per un attimo sembra poter disporre
anche del futuro…. |
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Il ponte di pietra mi conduce fuori dal borgo insieme alla attenta ed
inseparabile guida, la porta magica si chiude dietro di me con le sue sensazioni
e le sue sussurrate illusioni, la realtà adesso e’ un cielo illuminato da un
numero incomprensibile di stelle sotto le quali l’intera storia umana si
confonde nella sua inconsistenza temporale, come un granello di sabbia in una
infinita spiaggia.


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La mia agile guida sorveglia attenta il mondo mentre sistemo il materiale
fotografico, poi mi regala un ultimo lungo sguardo, nel quale sembra di poter
scogliere ben più del solo istinto animale, prima di lasciarmi andare e tornare
al suo borgo, mentre mi allontano immagino il felino scomparire attraverso la
magica porta sul ponte insieme alle illusioni prima generate, il borgo intanto
si prepara, tra poco sorgerà il sole e sarà di nuovo tempo di indossare la
maschera. |
CENNI STORICI - MAPPA
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Il paese del Borro, antico borgo del quale si ha notizia in un
documento del 1309 dell'archivio del Monastero di S. Fiora di Arezzo, era
compreso nel plebanato di San Giustino V.no. Non sappiamo a quale nobile
famiglia sia appartenuto in origine il castello, che per la sua naturale
posizione e per le opere di fortificazione compiutevi dall'uomo, doveva essere
fra i più inespugnabili della zona; con l'andare del tempo il Borro fece parte
del "contado aretino", ma nel 1344, dopo che i Fiorentini ebbero distrutto il
castello di Campogialli, i castelli del Borro e Traiana si dettero al comune di
Firenze, infatti nello stesso anno nella chiesa di San Biagio al Borro vi fu
l'elezione dei "sindaci" i quali furono incaricati di fare l'atto di
sottomissione. In seguito il Castello del Borro tornò sotto il dominio di
Arezzo, lo prova del resto l'editto di Carlo IV dato a Siena nel maggio
del 1355 a favore della città di Arezzo, col quale parte del Valdarno abbracciava il
Borro, Faeto, Campogialli e Traiana. |
Allorquando però i Fiorentini occuparono
per la seconda volta Arezzo (1384), vennero altresì in possesso anche del
Castello del Borro il quale fu costituito a feudo da Ferdinando II dei Medici ed
assegnato col titolo di Marchesato al famoso generale Alessandro dal Borro
nell'anno 1644. Il marchesato andò in possesso del discendente del generale
finché, estinto il casato, nel 1766, tornò alla corona Granducale. Vario tempo
dopo il governo Granducale lo cedé mediante contratto di vendita ai Medici-Tornaquinci. Dalla consultazione dei registri del Catasto Lorenese
(presso l'archivio di Stato di Arezzo), tutto il paese del Borro nel 1823
risulta intestato a Ihurn Conte Gio Batta del Conte Raimondo, ad eccezione della
particella 164, oggi chiesa Parrocchiale di San Biagio al Borro, che è sempre
rimasta di patronato dell Compagnia dei Medici-Tornaquinci. Nel 1867 la
proprietà passa alla figlia Ihurn Hoften Valvassina Contessa Teresa del Conte
Gio Batta, la quale poi si sposò col principe Egone di
Hohenlohe-Waldemburg-Schillingsfurst. Nel 1900 la proprietà passa per
successione ai figli Alberto, Alessandra e Vera; nel 1904, a seguito di
compravendita, la proprietà passa alle LL.AA.RR: Principi Germani di
Savoia-Aosta, che sono: - Emanuele Filiberto (Duca D'Aosta) - Vittorio Emanuele
(Conte di Torino) - Luigi Amedeo (Duca degli Abruzzi) Negli anni cinquanta la
proprietà passa tutta (oltre al paese del Borro fa parte anche la tenuta
circostante di circa mille ettari), al Duca Amedeo di Savoia-Aosta che la vende
di recente ai Ferragamo (Borro S.r.l.). |
