Ore 6 del mattino di un giorno di Marzo. Questa volta sono io che spengo la sveglia. 
A dir il vero ho dormito poco e male. Poco per l’ansia della nuova e sconosciuta avventura che sto per affrontare, male per i decimi di febbre e il mal di gola che mi perseguitano da un paio di giorni. Però tengo duro, mi alzo dal letto e mi vesto con diversi strati per paura del freddo: siamo a Marzo, è il mio primo, serio, viaggio in moto. Mi tremano quasi le gambe e l’emozione è tanta, scendo le scale in silenzio per non disturbare il resto della famigliola. Impacciato dall’abbigliamento ingombrante e pesante (non solo nel senso termico della parola) e subito penso che butterò via tutto per comprare qualcosa di ancora di più tecnico. 
Colazione veloce, pasticcone di paracetamolo e via verso il garage. Sono già in ritardo! 
Lei è li, come per dire: “Eccoti! Era ora finalmente! Mi hai riempito il serbatoio, gonfiato le gomme, controllato l’olio. E’ da ieri che ti aspetto”. Posiziono la mia roba nel bauletto cercando di fare mente locale su ciò che avevo preso e ciò che avrei potuto dimenticare. Scoprirò solo dopo che qualcosa sarebbe mancato.... 
Giro la chiave e senza nessuna esitazione parte! 
Il tempo è grigio con qualche spiraglio di sole. Freddo, ma sopportabile, l’abbigliamento impaccia ma svolge egregiamente il suo compito. 
Arrivo al punto stabilito per l’incontro e trovo già i miei nuovi amici ad aspettarmi. Saluti di rito, ultimi accorgimenti antipioggia – caspita! il tempo è cambiato - ed ecco che viene posta la fatidica domanda: 

“Allora Ringhio: giro lungo o giro corto??” 

Ingenuo, non sapendo cosa mi aspettasse , azzardo un timido “Giro lungo, ovviamente”. 
La pioggia inizia a scendere. Dapprima piano, poi sempre più copiosa e mi accorgo di avere freddo, sopratutto alle mani dato che dopo qualche ora l’acqua era già dentro i guanti. Cerco di farla uscire stringendo i pugni ma non basta. Confesso che il pensiero di tornare a casa mi ha sfiorato diverse volte. 
Mi rendo conto che questo è stato il mio primo errore e grave dimenticanza nell’organizzare il mio corredo da motociclista: guanti di ricambio! 
Sono ormai a piu di 4 ore dalla partenza. La situazione peggiora quando iniziamo leggermente a salire di quota e il freddo aumenta trasformando l’acqua in neve. La località Prodo sotto una fitta nevicata resterà per sempre nella mia mente. Facciamo una breve sosta e per fortuna un mio compagno di viaggio ha un paio di guanti di riserva che gentilmente mi cede. Li sostituisce con un bel paio di quanti termmici!!! Ma non ci potevi pensare prima?! 
Ripartiamo. Ancora neve, ancora freddo. 
Ci avviciniamo alla meta, ma continua a nevicare e incontriamo strade sempre più bianche. Noi rallentiamo procedendo in fila e piano per non rischiare di sdraiarsi. Ultimi chilometri prima dell’arrivo. Neve. Freddo. Ultimi 50 metri di sterrato ricoperto di neve e fango. Ce la farò! L’adrenalina ormai è a livelli mai raggiunti prima. 
Vedo il nostro incredulo, e quasi rassegnato, ospite che ci viene incontro per accoglierci. Finalmente parcheggio la moto nel ricovero notturno, in attesa degli altri temerari. 
Sono stanco, infreddolito e ancora spossato per i decimi di febbre. Ma contento come un bambino che entra in un negozio di caramelle. 
La doccia e la successiva cena mi ritemprano lo spirito... e lo stomaco vuoto! 
Questo era solo il primo giorno, il viaggio di arrivo. Soddisfatto per essere arrivato alla meta ed incuriosito per ciò che i giorni successivi mi avrebbero riservato. Infatti, i giorni successivi sono stati ancor più meravigliosi del primo e rimarranno sempre nei miei ricordi. 

E’ stato il mio primo viaggio di tanti (ma sempre pochi) altri viaggi. L’inizio di ciò che ho scoperto poi essere la filosofia EGO. Ho capito che non è importante quanti kilometri percorri, quanto presto arrivi alla meta, ne tanto meno quanto la spalla della tua gomma posteriore sia consumata o meno. 
Non sapevo quanto potesse essere bello andare in moto e affrontare un viaggio che non deve essere per forza una corsa contro il tempo e contro gli altri. Anche da solo. Oppure in gruppo ma anche libero di andare dove e quando vuoi tu, per poi ritrovarsi la sera al ritrovo stabilito per scambiarsi le emozioni appena vissute. 
Viaggiare, godersi il paesaggio, lasciarsi cullare dalla propria moto pencorrendo dolci curve è quelcosa di unico. Una volta chiuso il casco sei in un altro mondo, dove non esistono tempo e kilometri, freddo o caldo, calcio, motoGP, politica. Solo un legame intimo tra te e la cavalcatura a cui ti affidi ogni secondo, ogni metro del tuo andare. Svegliarsi la mattina con la voglia di andare in moto e semplicemente vestirsi e partire. 
Quando torni a casa, parcheggi la tua compagna di viaggio e giri la chiave (ma il rumore rimane piacevolmente nella tua testa) hai in mente già la prossima meta.... e il giro più lungo che puoi fare per arrivarci.

 

Rino [Ringhio]

rino@biomototurismo.it